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Emilia-Romagna

"Via libera ai reduci del doping", il Tas li ammette ai Giochi di Londra

La Uisp: non dimenticare legalità ed etica. Intervista a Massimo Davi

di Redazione Uisp nazionale


"VIA LIBERA ai reduci del doping", titola così Repubblica venerdì 7 ottobre. Anche gli altri quotidiani non sono teneri: "Il Tas riammette i superdopati" (Corriere dello Sport), "Ex dopati liberi per i Giochi" (Gazzetta dello Sport). Che cosa è successo? Il Tas, Tribunale per l'arbitrato sportivo di Losanna, organismo creato dal Cio, ha deciso di proclamare la sua indipendenza spalancando la strada dei Giochi di Londra 2012 anche agli atleti condannati per doping con una pena superiore ai sei mesi. In virtù dell'art. 45 della Carta Olimpica sino a ieri questo era impensabile. Da oggi sì, perché, dice il Tas, non si può punire due volte un atleta per lo stesso reato.

Come commenta la Uisp questa notizia?
"In punta di diritto, nulla da eccepire - dice Massimo Davi, responsabile nazionale formazione Uisp - ci mancherebbe altro: la Uisp promuove attività nelle carceri e sappiamo bene quanto è importante non smarrire la strada del garantismo e della necessità di reintegrare chi può aver sbagliato. Il tema, però, è inquietante e non può ridursi al tecnicismo, nemmeno a quello giuridico. Anche perché, molto probabilmente, non c'era bisogno di collocare questa decisione ad un anno dai Giochi di Londra. L'articolo 45 della Carta esiste da tempo, il principio giuridico al quale si richiama il Tas è ancora più antico. La verità è che l'ordinamento sportivo scricchiola ogni giorno di più sotto il peso di interessi economici e commerciali sproporzionati".

"Quella di oggi - continua Davi - non è una bella giornata per chi pensa che uno sport pulito sia possibile. Si rimette in moto un meccanismo di rincorsa all'ammissione ai Giochi di atleti che hanno fatto male a se stessi e allo sport. Questa sentenza dà via libera al caos, a possibili differenze di trattamento e ad infiniti cavilli ai quali questi atleti si appelleranno. Come correttamente commenta la Stampa di oggi (7 ottobre, ndr): 'La regola di prima era brutale però equa, ora la zona grigia ha tutto lo spazio per fare danni'".

Tra le repliche a caldo alla decisione del Tas, impressiona il rigore e la coeranza del presidente della Federazione ciclistica italiana: "Noi non applichiamo sanzioni ma abbiamo stabilito dei requisiti per vestire la maglia azzurra". Ergo: dopati ed ex dopati a casa. La Fci fa sul serio?
"Sembra di sì - riponde Davi - si tratta di una posizione di etica sportiva molto forte, coraggiosa. Il ciclismo si è trovato esposto a danni di immagine mortali in passato. Sembra averne preso coscienza ed ha scelto di far vivere questo sport secondo l'unica strada possibile: un rilancio etico. Ci auguriamo che questa coerenza prosegua per il bene di tutti, dell'agonismo e della promozione".

"La notizia di oggi ci fa riflettere su quella che può rappresentare la strada maestra per combattere il doping: quella culturale, della promozione del rispetto di se stessi e degli altri, del fatto che non possono esistere scorciatoie sperando di farla franca. Legalità ed etica: non dobbiamo stancarci di ripeterlo. La Uisp lo fa da tempo con una serie di campagne dirette a tutti i praticanti, soprattutto ai giovani. Allo stesso tempo questa vicenda apre un capitolo nuovo: c'è la possibilità di prevedere percorsi di riabilitazione per chi incorre nel doping? Il tema è serio, l'hanno detto anche i giudici del Tas, sottolineando che la loro decisione non va affatto a favore del doping ma ha rilevato la necessità di studiare strumenti legali di prevenzione. Vorremmo prenderli sul serio: l'ordinamento giuridico sportivo va ripensato e adeguato a tutti i livelli, per dissipare sospetti, ambiguità e privilegi".

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